“Volendosi fabbricare la facciata non sapevasi dove andar a prendere il materiale. Ma ecco dai monti di Brunate rotolare un enorme macigno, e quando poteva scassinare le case de’ borghi e rovinar le barche, si spezzò e fermossi poco lontano dalla riva. Si gridò tosto al miracolo da quelli che sapevan la tradizione delle catene spezzate, e si corse in devota sollecitudine a prendere i pezzi di macigno e portarli al Crocifisso“.
Il regalo d’una montagna: così Antonio Balbiani titola questa breve cronachetta dei tempi andati, quando un fenomeno come quello descritto poteva essere spiegato con soddisfazione di tutti appellandosi al miracoloso. Tanto più che i frammenti di roccia servirono allora per costruire la facciata di una chiesa.
Oggidì l’uomo si è sostituito all’alto dei cieli e fatti del genere, sempre più frequenti, vanno a riempire le caselle degli eventi colposi quando non francamente dolosi.
Va peraltro osservato che, sempre secondo quanto riferito dal Balbiani e strettamente connesso all’accadimento citato in apertura, in quella stessa chiesa, nella primavera del 1817, si fecero “fra l’universale costernazione le pubbliche preci a placare la formidabil ira del cielo che, col flagello della carestia, percuoteva inesorato le genti”.
C’è da chiedersi allora quale sia stata in realtà la natura del “regalo della montagna”, se davvero miracolosa oppure dolosa, colposa o, infine, banalmente accidentale.
Poiché, pur se misconosciuti, gli scritti di Antonio Balbiani sono letteratura, suona corretto ciò che diceva Henry James al proposito, cioè che la letteratura apre la porta al mistero. Tocca al giallo poi risolverlo. Sotto a chi tocca quindi, e occhio alle frane, qualunque sia la loro origine.
Andrea Vitali
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