Giancarlo Vitali, “condannato” alla pittura

di Francesca Joppolo
WALL STREET INTERNATIONAL

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Giancarlo Vitali ha aspettato che lo trovassero. L’hanno trovato. Lui è sempre stato lì, bellissimo, con una moglie bellissima, sulla sponda orientale del Lago di Como senza mai alzare il telefono per chiamare un critico, per farsi notare. Ai suoi bambini, quando erano bambini, diceva: “Io sono un pittore e, prima o poi, qualcuno se ne accorgerà”.

Decenni dopo, quei rari visitatori casuali, i più sono numerosi e tutt’altro che casuali, della mostra antologica Time out dedicata all’artista di Bellano e sparsa su Milano (Palazzo Reale, Castello Sforzesco, Casa del Manzoni, con un’installazione del regista Peter Greenaway, Museo di Storia naturale, fino al 24 settembre, a cura di Velasco Vitali), si vergognano di non averlo conosciuto prima.

“Condannato” alla pittura, una pittura gestuale, energica, Vitali ha dipinto tutta la vita, ha fatto solo quello ed essendo figlio di pescatori non era scontato. Oggi dipinge poco, le forze sono meno forti, e ne soffre. La figlia Sara lo ritrae: “È una persona decisa, il contrario di come si descrive agli altri. Tenace, rigoroso, ordinato, meticoloso. Per certi versi è doppio perché è emotivo e passionale, ma molto determinato. Non si è mai voluto spostare da Bellano, dal lago, dove ha il suo baricentro e per nulla al mondo se ne sarebbe andato”.

Ci vuole una determinazione ferrea per non pubblicizzarsi e per mettere in un ripostiglio la celebrità quando qualcuno ti pubblicizza portandoti onori e guadagni. La determinazione di tenere più alla libertà che al proprio luccicare. Vitali aveva cinquantaquattro anni, nel 1983, quando Giovanni Testori rimase affascinato da lui. Testori, storico dell’arte, drammaturgo, critico letterario, dipingeva, ma era troppo onesto per sentirsi pittore. Vitali e Testori divennero molto amici e quando nel 1993 Testori morì, in un ricovero sopra Varese, Vitali annunciò: “Ora posso andare in pensione. Quello che volevo, la fama e gli aspetti commerciali, l’ho avuto da un uomo nel quale avevo fiducia e adesso basta”. Inoltre, Vitali ha sempre pensato di non aver tempo da perdere per vedere questo o quello.

Adesso basta? Sara Vitali si è ribellata e nel 2006 ha creato l’archivio delle opere paterne: “Dentro di me non ho mai pensato di essere la figlia di Picasso, ma lui era nel posto sbagliato e non volevo lasciare a mia figlia e ai nipoti un’eredità con delle ombre. Con l’artista in vita non ci sono ombre, quello che ci ha dato, ce lo ha dato lui, quello che ci ha detto, ce lo ha detto lui. Gli ho chiesto che ci donasse tutto in cambio di un vitalizio e di un corpus di opere da mantenere. È sveglio, ha capito che l’offerta era conveniente e ci ha donato tutto, anche se a volte spunta ancora qualcosa… La mostra di Milano è il culmine di questo lavoro, sono molto soddisfatta”.

(continua…)

 

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