Forme del tempo e occhi d’artista

di Gianfranco Colombo
LA PROVINCIA

Nell’ambito del grande evento milanese dedicato a Giancarlo Vitali spazio anche per le sue reinterpretazioni dei fossili di Stoppani

1.jpgIl Museo di Storia Naturale di Milano è una delle quattro sedi in cui si svolge la mostra “Time Out”, che vede protagonista Giancarlo Vitali. Il curatore dell’intero progetto, Velasco Vitali, ha voluto raccogliere in questa sede il nucleo espositivo “Le forme del tempo”, realizzato da Giancarlo Vitali a partire dal 1991, anno in cu si celebrava il centenario della morte dell’abate Antonio Stoppani.
A dominare la mostra al Museo di Storia Naturale è un grande dipinto raffigurante il Resegone e poi ancora gli straordinari fossili delle collezioni di Paleontologia, che Giancarlo Vitali riprende e reinterpreta. Le opere dell’artista di Bellano trovano ideale dimora in quel Museo di cui Antonio Stoppani fu direttore dal 1882 al 1891, e contribuiscono a ridare lustro alla figura spesso trascurata dell’abate. Non bisogna, infatti, dimenticare che un’opera come “Il Bel Paese”, uscito per la prima volta nel 1873, divenne un vero e proprio best seller, come diremmo oggi, tanto da contendere il primato ad altre due opere celeberrime come il “Pinocchio” (1883) di Collodi e “Cuore” (1888) di De Amicis.

2.jpgEppure quello di Stoppani non è un romanzo o un’opera narrativa, si tratta invece della descrizione delle bellezze naturali italiane, presentate con uno stile semplice e discorsivo, da un geologo insigne come era appunto il nostro autore. “Il Bel Paese” può essere preso come sintesi di quello che fu l’impegno scientifico e sociale dello Stoppani; nel suo libro, infatti, egli illustra ai lettori il territorio italiano dall’alto delle sue conoscenze anche per raggiungere lo scopo di far conoscere l’Italia intera proprio agli italiani. Antonio Stoppani, del resto, era uno scienziato molto conosciuto; prima insegnò geologia alle Università di Pavia e di Milano e poi divenne direttore del Museo di Storia Naturale del capoluogo lombardo. Riconducibile al liberalismo cattolico, il nostro abate, assertore convinto del dialogo tra scienza e religione cattolica, ebbe i suoi guai, soprattutto con l’Osservatore cattolico; guai che sfociarono addirittura in un processo, che fece non poco clamore e che Stoppani, peraltro, vinse. Proprio in occasione di quel processo il cronista del Corriere lo descrive come “un bel vecchio, dalla zazzera grigia”, che “veste coi calzoni da secolare” e “ricorda l’abate Listz”. Antonio Stoppani concepì “Il Bel Paese” come una serie di serate con i propri nipoti, i loro amichetti ed i rispettivi genitori, nelle quali egli descriveva le bellezze della nostra penisola. Queste “serate” furono in un primo tempo pubblicate sul periodico “Le Prime Letture”, quindi trovarono coesione e completezza proprio nell’opera “Il Bel paese”, che uscì la prima volta nel 1873. Il grande successo ottenuto fece sì che il volume avesse numerose nuove edizioni; in particolare nella terza, del 1882, furono aggiunte nuove serate. Quello di Stoppani era un intento didascalico, ma entro questa struttura egli seppe inserire tutte le sue conoscenze di grande scienziato e viaggiatore. Le conversazioni dell’abate Stoppani vanno dalle Alpi Carniche ai grandi ghiacciai italiani, dai vulcani come il Vesuvio e l’Etna sino ai nostri mari e laghi. Un lungo itinerario ricco 3.jpgdi informazioni scientifiche e di aneddoti, all’interno del quale non mancano i riferimenti al nostro territorio. Famosissimo è l’episodio, che occupaun intero capitolo, dell’incendio del monte San Martino, ma Stoppani parla anche della curiosa presenza del petrolio nella pianura Padana. Dopo aver descritto i pozzi petroliferi in America, egli si sofferma sul fatto che anche in Italia esistono i giacimenti dell’oro nero. Egli convince i suoi ascoltatori che non serve andare in California o in Cina per vedere dei pozzi di petrolio.
Un libro unico, dunque, di un personaggio geniale, a cui oggi rende omaggio Giancarlo Vitali. «Questo mondo delle descrizioni di Stoppani – scrive Gian Luigi Daccò, all’interno del catalogo della mostra “Time Out” – splende nelle rivisitazioni, magiche e realissime insieme, di Giancarlo Vitali. Sulle orme del conterraneo scienziato, l’artista bellanese riscopre le memorie della vita delle montagne, delle rocce, dei fossili della loro terra lariana, forme del tempo rigorosamente studiate ma che Vitali, pur avvalendosi di una metodologia d’indagine affine, sa anche intuire nel profondo: un divenire continuo e incessante, nato da un principio assolutamente semplice, non rieseguibile né componibile deliberatamente, collettivo inconscio per ciascuno di noi».

 

 

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