di Chiara Vanzetto
IL CORRIERE DELLA SERA
Vitali, artista senza confini. Mostre in quattro musei e l’omaggio di Greenaway.
Da vedere. Si inaugurano oggi quattro mostre che ripercorrono l’iter artistico del pittore di Bellano.
Palazzo Reale, Casa del Manzoni, Museo di Storia Naturale, Castello Sforzesco. S’inaugurano oggi quattro esposizioni che ripercorrono l’iter creativo di Giancarlo Vitali, pittore scoperto da Giovanni Testori. In mostra quadri, disegni e un’installazione di Peter Greenaway.
«Nacque Vitali, figlio di pescatori…». È il 22 agosto 1984 e così scrive Giovanni Testori sul “Corriere della Sera”. Un articolo dedicato a un artista ignoto, Giancarlo Vitali, classe 1929, scoperto quasi per caso. Per lo scrittore è l’entusiasmo di una rivelazione, per il pittore la svolta: su di lui per la prima volta si accendono i riflettori, anche se dipinge, autodidatta, dalla metà degli anni 40. Tratto rapido e sintetico, segno potente e istintivo, materia cromatica ricca e densa. A questo maestro schivo, nato e vissuto a Bellano sul lago di Como, Milano attribuisce il dovuto riconoscimento: inaugurano stasera quattro mostre a lui dedicate, per ripercorrere il suo ricco iter creativo. Il progetto, a cura del figlio di Vitali, Velasco, anch’egli artista, si intitola «Time out», gioco fermo. Perché la pittura è un tempo sospeso, nel momento in cui ci si misura con la tela bianca. E perché Giancarlo si è sempre tenuto fuori dal coro, indifferente al mercato e alle mode. Cuore dell’iniziativa Palazzo Reale: un’antologica di 200 opere rilegge il percorso Vitaliano con alcuni focus tematici. Una sala è dedicata alle «macellerie» che incantarono Testori, tra tori squartati e teste sanguinanti. Un’altra al dialogo con i maestri coevi, da De Chirico a Sironi; ma i riferimenti, così come quelli ancor più profondi a Goya, Rembrandt o Ensor, sono assimilati tanto da farsi stile. Lungo le sale è un trionfo del mondo lacustre: vedute di Bellano, scene domestiche, ritratti di familiari e compaesani, dal farmacista alla «dama dei gatti». E poi animali, processioni, bande di paese, vita quotidiana che sotto il pennello di Vitali diventa commedia umana.
Le Sale Viscontee del Castello con appendice alla Bertarelli ospitano invece l’opera incisoria grazie a una installazione ideata da Velasco con il figlio Rocco e Studio Promemoria. Un red carpet disseminato di carte bianche corre sotto un cielo di matrici in rame, appese con fili metallici e illuminate con luci di candele, conducendo a un banco dove sono esposti 150 fogli dal tratto sottile e sfumato. «Un omaggio alla stampa d’arte e ai suoi risultati imprevedibili, tra alchimie di cere e acidi, tra serialità e artigianalità», spiega Velasco. Un corpus di dipinti e grafiche dedicato a fossili e minerali è poi in mostra al Museo di Storia Naturale, ricordo del geologo Abate Stopparli.
Meriterebbe infine un discorso a parte l’ultima e inaspettata rassegna, ambientata a Casa Manzoni e affidata al genio di Peter Greenaway. Il regista inglese ha sconvolto la riflessiva, sobria fisionomia della dimora come in un fantasmagorico set, con scenografie stupefacenti ispirate al lago di Como, terreno comune tra Don Lisander e Giancarlo, e ai temi trattati da Vitali: la famiglia, la vita domestica, la casa, a cui si aggiungono altri soggetti come la malattia, sperimentata da Giancarlo e tradotta in immagini di corsie ospedaliere, e la morte, tra funerali paesani e apparati religiosi. Chapeau a Casa Manzoni per essersi messa in gioco. «Ho scelto questa sede perché non è un museo ma una casa borghese di metà ‘800», racconta Greenaway. «I quadri non sono fatti per stare in gallerie e musei, ma esposti nelle case, in situazioni imperfette e vissute: ho voluto ricreare tale atmosfera e riportare in questi ambienti la vita. Proprio come la vita, la pittura di Vitali è fatta di carne e di sangue».
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