Giancarlo Vitali. Il segno e il colore senza confini

la-provincia-di-lecco_mostradi Elena di Raddo
LA PROVINCIA DI LECCO

Il tributo a Vitali. Tra i grandi dell’arte.

“Un artista che corre in direzione ostinatamente contraria” lo ha definito, prendendo in prestito le parole di De André, Filippo Del Corno, assessore alla cultura del Comune di Milano durante la presentazione alla stampa del programma mostre 2017-2018.
A Giancarlo Vitali, pittore amatissimo del nostro lago, ma ancora sconosciuto al grande pubblico, Milano dedicherà questa estate (da giugno a settembre) una grande mostra a Palazzo Reale dal titolo Time out, che rileggerà i suoi settant’anni di pittura, dalle opere giovanili a quelle più recenti. La mostra è stata annunciata ieri nel corso di una affollatissima conferenza stampa a Palazzo Marino dove il nome di Vitali è risuonato accanto a quelli, per fare qualche esempio, di Kandiskij, Caravaggio, Manet, pittori a cui verranno dedicate altrettante esposizioni.

L’esperimento
La scoperta, forse un po’ tardiva del pittore, ma proprio per questo ancora più eccezionale in un mondo dell’arte tendenzialmente giovanilistico, si deve all’iniziativa del figlio Velasco, che si cimenterà, da artista, come curatore della mostra. Esperimento del resto già ottimamente riuscito con l’esposizione dello scorso anno a Lucca, che, ha appunto presentato una lettura inedita e per nulla scontata dell’opera di Giancarlo Vitali grazie alla regia dello stesso Velasco.
“La mostra – spiega – nasce proprio dalla scommessa un po’ casalinga e un po’ anche no della curatela della mostra di Lucca. Quell’esposizione aveva due peculiarità: l’extraterritorialità rispetto ai luoghi dove mio padre ha sempre esposto e la volontà di fare del suo lavoro una presentazione che fosse diversa rispetto a quella fatta fino a quel momento. Influenze di carattere localistico infatti avevano inchiodato la pittura di mio padre a una lettura didascalica rispetto a quanto rappresentato, anziché centrata sul linguaggio stesso”.
“La mostra di Palazzo Reale – prosegue – sarà appunto sulla stessa linea perché il progetto nasce dall’idea di prendere un artista, che è stato ancorato a un tipo di visione localistica e descrittiva, e cercare di portarlo in una dimensione internazionale, leggendo quindi il suo lavoro come fosse quello di un artista che può essere stato preso in Belgio o in Inghilterra. Con tutta la sua ironia e follia, ma con un suo straordinario linguaggio pittorico, che certo in passato è stato dalla critica sottolineato, ma che poi è come ‘rientrato in casa'”.

“L’enigmatico pantano”
Diversamente da Lucca, però dove si sentiva molto la sua “mano”, Velasco vorrebbe riuscire a far emergere tale lettura dell’opera del padre anche attraverso delle collaborazioni, con l’intenzione di “togliersi il più possibile affinché la pittura riconquisti il suo spazio”.
È nota del resto l’interpretazione che Giovanni Testori fece del lavoro di Vitali definendolo, alla pari di Soutine, autore di una pittura che magnificava “se stessa proprio nell’atto in cui si flagellava, in cui si introduceva, in cui affondava o annaspava nell’enigmatico pantano”. I soggetti dei suoi quadri sono stati del resto un veicolo per far affiorare sulla tela o sulla carta la forza stessa del segno e del colore.
Vitali ha dedicato gran parte delle sue opere alla descrizione del piccolo centro di Bellano, ma quest’ultimo è da intendersi come un microcosmo dell’umanità, dove ciascun abitante diventa il segno di una presenza universale.

I volti dei vecchi
Nel chiuso dello studio, il volto del vecchio abbozzato con il colore o tracciato sulla lastra è quello dell’uomo visto in uno o dieci volti di vecchi che il pomeriggio affollano la piccola piazza di un qualsiasi paese, la mano ferma della merlettaia ripercorre quella di molte altre donne dedite al proprio lavoro. Frammenti di un mondo scomparso, insieme al pastore, al barcaiolo, al maniscalco, insieme al vecchio pescatore che mostra, semplicemente, nelle mani vuote, il senso inesorabile del destino.
In quel microcosmo del lago di Como, dove il pescatore e il contadino hanno vissuto con gli animali e i fiori, gli stessi cicli delle stagioni, si è consumato ogni giorno il dramma dell’esistere, nel confronto con una natura generosa e allo stesso tempo maligna.L’artista segna con la sua immaginazione queste tracce antiche che sono o stanno scomparendo, questa verità che continuamente si rinnova in forme, magari, non più così direttamente verificabili.
Nel lavoro di Vitali però non vi è nessun intento descrittivo o didascalico.
Oltre i volti, così dettagliatamente quanto del tutto anonimamente descritti nelle rughe e nelle espressioni, oltre le scene, che descrivono mestieri antichi è il segno a penetrare con forza nell’immaginazione e nella sensibilità di chi osserva.
Un segno duro, fortemente chiaroscurato, da cui affiorano abilmente tracce di luce a illuminare espressioni e particolari ironici per sottolineare, con pacata ironia, il senso grottesco dell’esistere.

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