Un orologio d’oro nella natura

LA PROVINCIA
Gianfranco Colombo

Il lungo stop narrato in 48 opere

Le quarantotto opere di Velasco Vitali sono lì a scandire i giorni della fermata generale. Complice un giardino in pieno rigoglio primaverile, l’artista ha voluto fissare sulla tela i cambiamenti di quel piccolo pezzo di mondo che per due mesi è stato il suo universo. Lo ha fatto in compagnia di una comunità variegata fatta di artisti come lui, giornalisti, attori e scrittori che hanno condiviso, in videochiamate Instagram, momenti molto complicati grazie all’arte e, perché no, grazie anche a quella “chiacchiera” nobilitata dalla clausura e dalla limitazione dei contatti sociali.

“È un progetto nato il 20 marzo 2020 ­ puntualizza Velasco con precisione sviz­zera -­ tra due case divise dal­l’obbligo di quarantena: io e mia moglie Cristina da una parte e i nostri figli Rocco e Oliviero da un’altra. Un pro­getto pensato e raccontato per quarantotto giorni attraverso il mio profilo Instagram”.
Un percorso esistenziale ed artistico che ha anche un nome preciso, come ci dice lo stesso Velasco.
“Il progetto si chiamerà Goldwatch – spiega – un titolo preso a prestito da una famosa scena di Pulp Fiction. ‘L’orologio d’oro’ riassume i caratteri più evidenti di questa narrazione: lo schema quadrato del giardino, lo scorrere inesorabile delle ore, il cambio delle stagioni, il colore oro astratto e distaccato degli sfondi e il valore simbolico di un’eredità ricevuta e da donare. Del resto, questa è la storia per immagini di quei giorni di contagio e di reclusione, narrati e dipinti fra le mura di un giardino, quello adiacente al mio studio”.

Per dare ulteriore significato a queste opere e renderle ancora più significative, Velasco ha voluto che i suoi paesaggi avessero l’oro come sfondo. “Si tratta – chiarisce – di una citazione della dimensione di spazio innaturale, infinito e spirituale dei ‘fondo oro’ medievali. E’ il mio modo per riflettere sulla condizione che ci obbligherà a ripartire da zero”.

Uno dei tanti aspetti che hanno caratterizzato il lavoro di Velasco in questi giorni è stato il ritorno alla pittura “nuda e cruda”.
“In questi due mesi sono tornato a dipingere come un tempo – rivela – mi sono divertito ed ho riscoperto il piacere di disegnare. Mi ha ricordato quella specie di scommessa con mio padre quando mi diceva che per dipingere non c’era bisogno dell’Accademia, bastava prendere i colori e via”.
“A quei tempi, ero giovanissimo – ricorda – prendevo la cassetta dei colori ed andavo per i boschi a pitturare, proprio mentre la critica sembrava aver decretato la morte della pittura classica. Detto questo, ho anche scoperto un’altra cosa: l’arte si può fare anche in casa, come è successo a me in questi due mesi di clausura”.

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