Vitali, quel piccolo borgo e lo sguardo sul mondo

di Elena Di Raddio
LA PROVINCIA

2018.07.26 La Provincia.jpgLa scomparsa. Il grande pittore bellanese si è spento ieri a 88 anni. Volti e corpi del suo microcosmo come chiave di lettura dei misteri.

Ci sono artisti che per raccontare mondi non hanno bisogno di viaggiare oltre oceano o di immaginare voli nello spazio: possono trascorrere tutta la loro vita tra le mura di uno studio, come fece Morandi o guardare attraverso una siepe come Leopardi. Tra questi vi è anche Giancarlo Vitali, scomparso ieri a 88 anni dopo una lunga malattia. Scrutando i volti, i corpi, gli angoli del suo borgo, Bellano, ha raccontato storie, descritto personaggi, fantasiosi e allo stesso tempo verissimi, insinuandosi dentro la loro e la nostra umanità.

La fine dell’anonimato
Con la sua ultima mostra, promossa a Milano lo sorso anno dal figlio Velasco era finalmente uscito dal ristretto anonimato della sua provincia, ma, in fondo, la riservatezza e il suo desiderio di vivere sempre immerso nel suo ambiente, tra la sua gente, sono stati anche la grande forza di questo pittore, che, non a caso, ha destato prima l’interesse di un grande critico come Giovanni Testori, che a lui ha dedicato più di un saggio critico, e più recentemente del regista Peter Geenaway, che ha ideato con le sue opere, nel 2017 appunto, una mostra in- dimenticabile, invasiva e multisensoriale che coinvolgeva il visitatore in un viaggio nello spazio raccolto e nel tempo antico della piccola comunità del lago in cui Vitali è vissuto e ha lavorato. Quel microcosmo, di facce, personaggi, abiti, tovaglie imbandite a festa e tavoli da macellaio, insieme all’odore di incenso della sagrestia, ai colori vivaci e cupi degli abiti talari che scandiscono i periodi dell’anno liturgico e allo stesso tempo della pesca e delle coltivazioni, era per Vitali il pretesto per affrontare il grande tema: il mistero della vita e della morte.
Mortality with Vitali, era, appunto, il titolo della mostra, nella quale tra l’altro era esposta la serie di disegni, disarmanti, ironici e beffardi, che il pittore aveva realizzato durante la convalescenza in ospedale. Del resto, la riflessione sulla finitezza dell’uomo è stata per lui motivo co- stante del suo lavoro, affrontato con ironia beffarda e autoironia.
Giovanni Testori scrisse che Vitali, alla pari di Chaim Soutine, era autore di una pittura che magnificava «se stessa proprio nell’atto in cui si flagellava, in cui si introduceva, in cui affondava o annaspava nell’enigmatico pantano».

Pennellate brevi
In pittura Vitali si è servito di una tecnica fortemente espressiva, caratterizzata da pennellate brevi dai colori vivaci e nell’incisione di segni spezzati, fortemente impressi sulla superficie della carta. Lo stile, forgiato da autodidatta attraverso l’osservazione dei pittori del passato, è stato quindi per lui un veicolo di comunicazione e interpretazione di pensieri sulla vita e sulla morte, sul senso dell’effimero e del transitorio.
I soggetti dei suoi quadri, quindi, così coinvolgenti, lungi dall’essere puramente aneddoti, sono stati invece un veicolo per far affiorare sulla tela o sulla carta la forza stessa del segno e del colore. Vitali ha dedicato gran parte delle sue opere alla descrizione del piccolo centro di Bellano, ma quest’ultimo è da intendersi come un microcosmo dell’umanità, dove ciascun abitante diventa il segno di una presenza universale.
Nel chiuso dello studio, il volto del vecchio, abbozzato con il colore o tracciato sulla lastra, è quello dell’uomo vi- sto in uno o dieci volti di vecchi che il pomeriggio affollano la piccola piazza di un qualsiasi paese di provincia, la mano ferma della merlettaia ripercorre quella di molte altre donne dedite al proprio lavoro e il musicista con la sua tromba evoca il suono di un mondo tradizionale e antico. Frammenti di un mondo scomparso, insieme al pastore, al barcaiolo, al maniscalco, insieme al vecchio pescatore che mostra, semplicemente, nelle mani vuote, il senso inesorabile del destino.
In quel microcosmo del lago di Como, dove il pescatore e il contadino hanno vissuto con gli animali e i fiori, gli stessi cicli delle stagioni, si è consumato ogni giorno il dramma dell’esistere, nel confronto con una natura generosa e allo stesso tempo maligna. L’artista ha segnato con la sua immaginazione queste tracce antiche che sono o stanno scomparendo, questa verità che continuamente si rinnova in forme, magari, non più così direttamente verificabili.

I volti e il segno
Nel lavoro di Vitali però non vi è nessun intento descrittivo o didascalico. Oltre i volti, così dettagliatamente quanto del tutto anonimamente descritti nelle rughe e nelle espressioni, oltre le scene, che descrivono mestieri antichi, è il segno a penetrare con forza nell’immaginazione e nella sensibilità di chi osserva. Un segno duro, fortemente chiaro-scurato, da cui affiorano abilmente tracce di luce a illuminare espressioni e particolari ironici per sottolineare, con pacata ironia, il senso grottesco dell’esistere.

 

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