di Gian Marco Walch
IL GIORNO
È francamente raro che un assessore, sia pure alla Cultura, presentando una mostra di un pittore evochi un poeta che non sia l’immarcescibile Manzoni. Lode dunque a Filippo Del Como per la citazione di De André: “… per chi viaggia in direzione ostinata e contraria… per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità…”. Citazione perfetta, valida per l’artista e per la sua esposizione: Giancarlo Vitali e “Time Out”. Dice di sé Vitali: “Per essere davvero se stessi è meglio rimanere nel proprio brodo, senza badare ai padroni del cosiddetto sistema”. E dice della sua mostra, e del dipinto che la riassume: “Un quadro che ho iniziato nel 1951 e che poi ho tenuto da parte. Una lunga pausa, “time out”, appunto”. Una mostra, “Time out”, sino al 24 settembre, che in realtà sono quattro mostre a comporre il progetto curato da Velasco, figlio di Giancarlo, anche lui artista. La “regina”, come si conviene”, a Palazzo Reale: un’antologica di duecento opere, scandite per temi: i tori squartati che ricordano le crocefissioni proprio di Testori, gli echi, ma forse è meglio dire i rimandi a De Chirico e Sironi, ma anche a Rembrandt e Goya, i quadri “lacustri”, di una scuola lombarda tutta personale.
Un “red carpet” la seconda mostra. Nelle Sale Viscontee del Castello: prima un arcipelago di carte bianche sovrastate da matrici in rame, poi 150 incisioni. Terza tappa, al Museo di Storia Naturale, un “corpus” di dipinti e grafiche dedicato a fossili e minerali”, omaggio all’abate geologo Antonio Stoppani. Quarta mostra, ma in altra occasione sarebbe potuta essere prima e unica, la stupefacente “Mortality with Vitali”. Un binomio quasi impossibile il curatore e la sede dell’esposizione: Peter Greenaway, con le sue pellicole da decifrare e la Casa del Manzoni. Lì Greenaway ha ideato scenografie ispirate al lago di Como, tra Vitali e don Lisander, arricchendole di suggestioni suggeritegli del pittore, dai suoi giorni in ospedale: “Ho scelto apposta quella casa borghese, i quadri non devono stare nei musei”.
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